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PROGETTARE PER TUTTI

"Progettare non implica solo il rispetto di normative, ma anche l’impegno a garantire che gli spazi pensati possano accogliere tutti, senza esclusioni"

Sono Claudia, e come progettista in D&D mi interrogo spesso su quanto il nostro lavoro possa fare la differenza nella vita delle persone. Per me progettare non implica solo il rispetto di normative, ma anche l’impegno a garantire che gli spazi pensati possano accogliere tutti, senza esclusioni.

Recentemente, leggendo un articolo, ho trovato molti spunti che mi hanno fatto riflettere su questo tema. Parlava dei sette principi del design universale, sviluppati per promuovere l’inclusività. In ambito architettonico, questo approccio sposta il focus della progettazione dal semplice “adattare” gli spazi a posteriori, al progettarli fin dall’inizio pensando a persone con abilità, corpi ed esigenze diverse.

Pensiamo a quanto le nostre città e i nostri edifici siano stati progettati seguendo standard che definiscono un “utente medio”, ignorando spesso la varietà delle persone e delle loro esigenze. Eppure, come ingegneri e architetti, abbiamo la responsabilità, anche sociale, di andare oltre questa visione limitata. Dobbiamo pensare a chi non rientra nel profilo standard: persone con disabilità, donne incinte, bambini, anziani… La progettazione deve includere tutti.

Un punto centrale dell’articolo era l’Universal Design, una progettazione basata su una serie di principi sviluppati per promuovere l’inclusività. Da questi ho tratto una lezione importante: l’accessibilità non è un’aggiunta da fare a posteriori, ma rappresenta una componente che deve essere integrata fin dalle prime fasi progettuali.

I sette principi del design universale

L’articolo sottolineava sette principi che offrono una guida concreta per rendere l’architettura più inclusiva:

  1. Uso equo: tutti devono poter accedere agli stessi spazi senza sentirsi “diversi”. Questo significa, per esempio, garantire che gli ingressi accessibili siano gli stessi per tutti, evitando percorsi separati che creano disparità.
  2. Flessibilità nell’uso: ognuno vive lo spazio in modo diverso. Progettare con flessibilità consente di adattare gli ambienti a varie esigenze, come mobili regolabili o spazi che permettono interazioni diversificate.
  3. Utilizzo semplice e intuitivo: la semplicità facilita la comprensione e l’uso degli spazi. Un buon progetto evita complessità inutili e rende immediatamente chiaro come muoversi, anche senza indicazioni.
  4. Informazioni percepibili: uno spazio deve comunicare chiaramente attraverso segnali visivi, acustici e tattili, come pavimentazioni sensoriali, colori contrastanti o pittogrammi facilmente riconoscibili.
  5. Tolleranza per l’errore: gli spazi devono essere progettati per ridurre il rischio di errori e offrire sicurezza, ad esempio posizionando i dispositivi pericolosi lontano dalle aree di uso comune.
  6. Basso sforzo fisico: ridurre le barriere fisiche è essenziale. Questo significa progettare rampe con pendenze dolci, porte facili da aprire o interruttori che richiedono poco sforzo per essere azionati.
  7. Dimensioni e spazio per l’accesso: ogni persona ha caratteristiche uniche. È fondamentale garantire spazi ampi per chi utilizza sedie a rotelle o ausili, ma anche altezze adeguate per consentire l’interazione a tutti.

Presi singolarmente, questi principi sono molto significativi e la vera sfida, che è anche un’opportunità, è quella di integrarli tutti in un unico progetto. Senza dimenticare che l’intervento migliore in questo ambito è proprio quello che, senza essere notato, permette a chiunque di vivere gli spazi con naturalezza.

Come progettisti, non possiamo ignorare il nostro ruolo nel plasmare spazi che siano davvero per tutti, perché questo significa, in fondo, costruire un mondo migliore per ciascuno di noi.

A cura di Claudia Maruzzi

Fonte @archidaily

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